"Bloggopolis"
La Piazza delle Idee nella Città del Dialogo
Le idee sono il motore di una realtà che vive e respira al di là della nostra sola mente. Ecco allora spuntare Bloggopolis, uno spazio contemporaneo per dar voce a una città saggia e antica che vuole parlare, dialogare e conversare del presente e del futuro. Una piazza in cui raccogliere, attraverso i vostri commenti, il 'sentiment' di una popolazione a volte silenziosa e timida, sicuramente generosa e propositiva. Una polis del nostro tempo, la cui piazza virtuale sia specchio di una città che ci sta a cuore. Piacenza ‘città comune’.
venerdì 4 marzo 2011
La tessera 2011 dedicata a Piero e Ada Gobetti
Poco più che adolescente, Gobetti aveva salutato con entusiasmo la rivoluzione russa, i consigli di fabbrica e l’occupazione della Fiat (1920): “Qui siamo in piena rivoluzione. Io seguo con simpatia gli sforzi degli operai che costruiscono un ordine nuovo. Non sento in me la forza di seguirli nell’opera loro, almeno per ora. Ma mi pare di vedere che a poco a poco si chiarisca e si imposti la più grande battaglia del secolo. Allora il mio posto sarà dalla parte di chi ha più religiosità e spirito di sacrificio”. Collabora a L’Ordine Nuovo, con interventi politici e soprattutto come critico teatrale, senza alcuna concessione divulgativa, rivolgendosi cioè al lettore operaio come a un intellettuale. Dirà di lui Gramsci: “Piero Gobetti non era un comunista e probabilmente non lo sarebbe mai diventato, ma aveva capito la posizione sociale e storica del proletariato… Egli scavò una trincea oltre la quale non arretrarono quei gruppi di intellettuali più onesti e sinceri che nel 1919-20 sentirono che il proletariato come classe dirigente sarebbe stato superiore alla borghesia”. Del fascismo capisce subito il tatticismo opportunistico e il quasi fatale successo: “Né Mussolini né Vittorio Emanuele hanno virtù di padroni, ma gli italiani hanno bene animo di schiavi”. Il fascismo è “l’autobiografia della nazione”. Prevede lucidamente che è destinato a durare, ma non per questo rinuncia a un’opposizione sempre più intransigente. Il compito è “salvare il futuro” delle giovani generazioni. Il suo antifascismo, prima ancora che scelta politica, è qualcosa di “fisiologicamente innato”, un’“irreducibile questione di principio”, di “istinto”, di “dignità”, di “stile”. Pochi giorni dopo la formazione del primo governo Mussolini, scrive: “Dobbiamo subire le persecuzioni che ci spettano”. Ciò che avviene puntualmente, con perquisizioni, sequestri, fino alla selvaggia aggressione del settembre ‘24 (tre mesi prima un telegramma del Duce ordinava al Prefetto di Torino: “rendere nuovamente difficile vita questo insulso oppositore governo e fascismo”). Soppressa La Rivoluzione Liberale, fonda Il Baretti, d’indirizzo più letterario, a cui collaboreranno giovanissimi Leone Ginzburg e Massimo Mila. Deciso a continuare la sua attività di scrittore e editore, che gli è inibita in patria, Gobetti va esule a Parigi, dove muore il 15 febbraio 1926.
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