«Scrittore e partigiano» vorrebbe scritto sulla sua lapide. «Partigiano in aeternum» si autobattezza il suo Johnny, nell’omonimo romanzo pubblicato postumo nel 1968. La guerra partigiana è il tema costante e privilegiato, quasi esclusivo, della narrativa di Fenoglio, e le dispute di critici e filologi sulla sperimentazione linguistica nell’incompiuto Partigiano Johnny non dovrebbero offuscare la peculiare riuscita – per concentrazione emotiva e stilistica, scatto e misura narrativa – dei Ventitré giorni della città di Alba (1952) e di Una questione privata (1963). Nella pur vastissima letteratura sulla Resistenza, i suoi libri si impongono sopra tutti (con pochi altri, I piccoli maestri di Meneghello, edito nel ‘64, tra questi): la loro qualità trascende il giudizio estetico e investe la sfera della storia e della morale collettiva.
La sua Resistenza, priva di ogni accento celebrativo, vorrebbe rifondare l’Italia su valori di verità libertà giustizia, con connotati prima etici che politici. La guerra partigiana – «pro aris et focis», cioè combattuta in casa propria, a difesa del focolare e dei pochi beni – intreccia inscindibilmente Resistenza e civiltà contadina, l’altro grande tema di Fenoglio, argomento del romanzo breve La malora (1954) e di numerosi racconti. Le sue Langhe, più che scenario o sfondo, sono protagoniste di una guerra in cui i contadini sono inevitabilmente coinvolti, con la partecipazione attiva, l’aiuto ai partigiani, i rischi di rappresaglie che consapevolmente corrono, la miseria che dividono con i combattenti. Ai due temi della guerriglia e del mondo contadino, si aggiunge in Una questione privata quello dell’amore “romantico” di Milton per Fulvia. Ma l’immissione del motivo “privato” non attenua, non sfuoca il tema fondamentale: destino individuale e sorte collettiva si incrociano e si scontrano a ogni pagina, alla ricerca di una verità che va al di là della “questione privata”. Sapere la verità, per vivere – e morire – nella verità.
Ha scritto Italo Calvino nella Prefazione del 1964 al suo Sentiero dei nidi di ragno, uscito in prima edizione nel ‘47:
«E fu il più solitario di tutti che riuscì a fare il romanzo che tutti avevamo sognato, quando nessuno più se l’aspettava, Beppe Fenoglio, e arrivò a scriverlo e nemmeno a finirlo (Una questione privata), e morì prima di vederlo pubblicato, nel pieno dei quarant’anni. Il libro che la nostra generazione voleva fare, adesso c’è, e il nostro lavoro ha un coronamento e un senso, e solo ora, grazie a Fenoglio, possiamo dire che una stagione è compiuta, solo ora siamo certi che è veramente esistita: la stagione che va dal Sentiero dei nidi di ragno a Una questione privata.
Una questione privata è costruito con la geometrica tensione d’un romanzo di follia amorosa e cavallereschi inseguimenti come l’Orlando furioso, e nello stesso tempo c’è la Resistenza proprio com’era, di dentro e di fuori, vera come mai era stata scritta, serbata per tanti anni limpidamente dalla memoria fedele, e con tutti i valori morali, tanto più forti quanto più impliciti, e la commozione, e la furia. Ed è un libro di paesaggi, ed è un libro di figure rapide e tutte vive, ed è un libro di parole precise e vere. (...). È al libro di Fenoglio che volevo fare la prefazione: non al mio».
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